Una difficile regolamentazione

Artista di strada a Mosca (Russia)

La prima legge che regolasse gli artisti di strada la troviamo nell’antica Roma nel 462 a.C.

Le leggi delle dodici tavole prevedevano, come forma di reato, eseguire (pubblicamente) delle parodie o canti diffamatori nei confronti di qualcuno. La sanzione era la morte.

Negli Stati Uniti e nell’Unione Europea la tutela garantita alla libertà di parola è estesa alle forme artistiche proposte da tali artisti.

Negli Stati Uniti i luoghi tipici per manifestazioni di tal genere sono i parchi, le piazze, i marciapiedi.

Nel Regno Unito alcune città regolano, attraverso una specifica normativa, l’attività degli artisti di strada. In alcuni casi vi è l’obbligo di prendere una licenza, dietro un’audizione.

In altri casi è sufficiente la richiesta di un permesso unicamente nel caso di amplificatori o vi è il divieto di superare determinati limiti di volume.

È generalmente riconosciuto il divieto di protrarre tali manifestazioni artistiche oltre una certa ora.

Vi è un divieto di eseguire spettacoli che possano offendere la morale pubblica e che, in alcuni casi, possono comportare la consumazione di illeciti anche di natura penale.

Per quanto riguarda l’Italia, l’abrogazione nel 2001 dell’articolo 121 del TULPS, che disciplinava l’esercizio di tale attività attraverso l’iscrizione degli artisti di strada in appositi albi presso il loro comune di residenza, ha di fatto creato un vuoto legislativo.

Ora ogni amministrazione comunale riempie come meglio crede tale vuoto legislativo: si va dall’assoluto divieto all’adozione di specifica delibera. Il panorama giuridico, pertanto, è variegato e frammentato.

Intervista a “Soltanto”

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